Dimissioni del Presidente Magarief in Libia
«I rappresentanti del popolo si sono espressi sulla legge riguardo l’isolamento politico e tale decisione deve essere rispettata. Io sarò il primo a farlo. Rimetto le mie dimissioni nelle vostre mani. Lascio a testa alta e con la coscienza pulita […] Tutti sono soggetti alla legge, nel rispetto della legalità e della democrazia»: queste le parole dell’accorato discorso di commiato di Mohammed Magarief, l’attuale Presidente della Libia indotto alle dimissioni da una legge che impedisce l’accesso alle cariche pubbliche a tutti coloro abbiano collaborato col regime di Muhammar Gheddafi. Verosimilmente, la legge comporterà la medesima sorte per molti altri ministri dell’attuale governo.
Le dimissioni sembrano essere la risposta e il sussulto di dignità di chi è certo di essere prossimo all’esautoramento. La “political isolation law“, la legge approvata il 5 maggio e fortemente voluta dalle milizie armate – i gruppi di ex ribelli che detengono ancora un potere molto significativo in Libia e che intendono far terra bruciata attorno a chiunque abbia avuto relazioni col rais – porterà all’isolamento di molti funzionari, incluso un Presidente che aveva da tempo disconosciuto la dittatura dell’ex colonnello.
Magarief aveva ricoperto il ruolo di ambasciatore libico all’estero fino al 1980, per poi diventare leader dell’opposizione in esilio a capo del Fronte Nazionale per la Salvezza della Libia, e, nel 2012, Presidente del Congresso nazionale libico.
Le sue dimissioni avvengono in un momento particolarmente delicato per il clima politico: appena qualche giorno fa l’Unione Europea si è espressa a favore della necessità di inviare una missione civile col compito di sorvegliare le frontiere e, a seguito delle recenti manifestazioni di violenza, il governo ha deciso di innalzare il livello di protezione per le ambasciate e i consolati stranieri sul territorio. Lo stesso Magarief, nel discorso di commiato, ha espresso l’auspicio che la nascita di uno Stato di diritto avvenga senza l’uso della forza, probabilmente interpretando il timore che quest’atto di forza da parte delle milizie possa creare un pericoloso precedente. L’ex Presidente ha sempre riconosciuto l’azione delle frange eversive come un forte ostacolo al rinnovamento, e ribadito il «fermo impegno della Libia a non permettere ad una minoranza violenta di deviare le speranze e i sogni della Libia».
La persistente instabilità politica interna rende la transizione verso la democrazia sempre più problematica. Uno dei rischi maggiori potrebbe essere l’errore, comune a molte rivolte, di creare semplicemente un vuoto. Di non saper offrire un’alternativa costruttiva a quello che si intende soppiantare. Non tutti i rivoluzionari hanno il privilegio di celebrare la fine della propria rivoluzione.
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