Ilva: le verità vengono a galla
Il gip Patrizia Todisco ha emesso quattro ordinanze per alcuni esponenti politici tarantini, complici delle autorizzazioni illecite finalizzate all’ottenimento dell’Aia.
Sono stati in molti a porsi la fatidica domanda, a fronte, delle innumerevoli discussioni sul caso Ilva. Ci si chiedeva: <<Come è stato possibile, per il colosso siderurgico tarantino, ottenere dall’Aia l’autorizzazione che gli ha permesso di continuare a produrre e inquinare?>>. La risposta non poteva essere che scontata e in molti la sospettavano già da tempo. Permessi illeciti, passaggi sospetti, pressioni indebite, operazioni condotte sottotraccia: tutte realizzate accuratamente da potenti responsabili dei rapporti istituzionali dell’azienda. Questo è ciò che emerso in queste ore, con l’arresto del presidente della Provincia Giovanni Florido con l’accusa di concussione, dell’ex assessore all’Ambiente Michele Conserva, con i domiciliari di Vincenzo Specchia, ex segretario della Provincia di Taranto, e con il provvedimento di custodia cautelare di Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva. Un vero e proprio terremoto giudiziario, dunque, che è esploso in un’inchiesta che ha seguito di poco il via libera al dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati dell’Ilva. L’operazione è scattata questa mattina quando i militari della Guardia di Finanza hanno eseguito le quattro ordinanze emesse dal gip Patrizia Todisco.
Nel mirino era, in particolar modo, l’attività svolta dagli uffici della Provincia, ai quali spettava il rilascio delle autorizzazioni ambientali. In quegli uffici la pratica relativa alla discarica ‘Mater Gratiae’, realizzata in una cava all’interno dello stabilimento Ilva, sarebbe stata viziata da pressioni illecite e da passaggi sospetti, tutti rigorosamente fotografati dalle Fiamme Gialle del comando provinciale. Nel sito venivano smaltiti i rifiuti industriali e le polveri prodotte dagli impianti, nonché la fonte dell’inquinamento inquadrato con l’indagine per disastro ambientale, indagine che ha poi costretto la Todisco a prendere una serie di provvedimenti restrittivi. Il ruolo di Florido e Conserva sarebbe stato quello di aver indotto, dal 2006 al 2011, dirigenti del settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto a rilasciare i permessi per la discarica gestita dall’Ilva <<in carenza dei requisiti tecnico-giuridici>>. A far rumore risulta, in particolare, l’arresto di Giovanni Florido, 61 anni, con alle spalle una lunga militanza nella Cisl, di cui è stato anche segretario provinciale. Era stato eletto per la prima volta nel 2004 e nel 2009 era stato confermato con oltre centomila preferenze. Nel 2007, all’indomani del dissesto finanziario del Comune di Taranto, si era anche candidato sindaco di Taranto con una coalizione di centrosinistra ma al ballottaggio era stato sconfitto dall’attuale sindaco Ippazio Stefano, anche lui indagato nella stessa inchiesta per abuso e omissione di atti d’ufficio.
Negli ultimi mesi si era anche parlato di una possibile candidatura di Florido al Parlamento, tant’è che si ipotizzavano sue dimissioni anticipate dalla carica di presidente della Provincia anche in relazione al ventilato scioglimento delle stesse Province, cosa che poi non si è più verificata. E comunque la maggioranza di centrosinistra votò in aula, in Consiglio, un documento chiedendogli di restare alla guida dell’ente.
Molto eloquente è stata l’opinione del leader dei Verdi Angelo Bonelli, consigliere comunale a Taranto, che ha affermato: <<L’arresto del presidente della Provincia dimostra drammaticamente per i tarantini che un sistema politico ha lavorato per anni per nascondere la verità ai cittadini perché era colluso con chi inquinava e, come dice la procura di Taranto, con chi ha provocato inquinamento, malattie e morte>>.
di Lucia Francesca Trisolini