Il Pd sceglie Marini ed è subito bufera
Che la piattaforma programmatica ItaliaBeneComune facesse acqua da tutte le parti, era chiaro fin dai tempi dell’ipotetico accordo con Monti, che avrebbe escluso Sel. Ed era chiaro, anche, fin dai risultati delle primarie, come una guerra fra Renzi e Bersani fosse solo questione di tempo. Eppure il segretario del Pd è riuscito a peggiorare la propria situazione: con la candidatura di Marini al Colle, Nichi Vendola e Matteo Renzi hanno ufficialmente un nemico comune.
«Se le intese, gli accordi e i dialoghi che sono in corso in queste ore sul futuro Presidente della Repubblica costituiscono la prova d’orchestra di un governissimo allora esprimiamo la nostra radicale contrarietà» – queste infatti le parole che il governatore della Puglia ha pronunciato ieri ai cronisti in sala stampa a Montecitorio, a cui si è aggiunta una stoccata precisa: «chissà perché le larghe intese guardano sempre a destra». In rete (e non solo) si grida difatti al grande inciucio tra Bersani e Berlusconi, dal momento che la candidatura di Franco Marini sembrerebbe un tentativo di strizzare l’occhio al Pdl. Renzi, al confronto, appare persino antiberlusconiano: «Votare Marini significa fare un dispetto non a me ma al Paese – ha detto nella serata di ieri – Se domani il Parlamento elegge Marini io sarò il primo a mettere la sua foto nell’ufficio perché rispetto le istituzioni, ma Marini è un candidato del secolo scorso».
La base del Partito Democratico è in rivolta proprio per la poca innovazione che la scelta di Franco Marini comporta: secondo Vendola non si terrebbe conto della, infatti, della richiesta di cambiamento che è venuta dal risultato elettorale. E’ vero che l’ex presidente del Senato vanta sul suo curriculum battaglie sindacali al fianco degli operai, la direzione della Cisl, gli anni di passione all’interno della Democrazia Cristiana; ma è altresì vero che è emblema di un modello sindacale superato, di un’Italia ormai sparita. Insomma, una candidatura anacronistica, e non solo: dai commenti su Twitter e su Facebook che si sono susseguiti fino a tarda notte, è chiaro che a molti Franco Marini non piaccia nè come politico, nè come persona.
Più che un’apertura a destra si auspica a gran voce – basta dare un’occhiata in rete – un allineamento con il Movimento 5 Stelle, nella persona di Stefano Rodotà, terzo classificato alle Quirinarie (ma primo per rinuncia di Gabanelli e Strada): proprio da Beppe Grillo era arrivata un’esortazione a Bersani per votare Rodotà al fine di iniziare una collaborazione e trovare un punto d’incontro. Il mancato accoglimento dell’appello del leader dei 5 Stelle, insieme alla scelta di Marini, è un segnale inequivocabile di una linea di condotta non condivisa da parecchi elettori e militanti del Pd, che sta già portando alla spaccatura. Come ha scritto ieri su Facebook il giornalista Andrea Scanzi, “stasera è morto il Pd e forse anche il Paese”.