Quando il “cojone” incontra la colomba
Le tradizioni culinarie pasquali cambiano radicalmente a seconda delle latitudini del nostro paese. Abbacchi, capretti ed agnelli vengono sacrificati in ogni dove. Dal forno sbucano lasagne e cannelloni, si gettano nelle pentole fumanti gnocchi e spaghetti alla chitarra che, una volta scolati, si fanno rotolare in maniera quasi lasciva con i più svariati sughi. Ma c’è un rito non molto in uso, chi lo pratica lo celebra quasi esclusivamente in famiglia per conservarne l’unicità. La colazione pasquale.
Le tradizioni culinarie pasquali cambiano radicalmente a seconda delle latitudini del nostro paese. Abbacchi, capretti ed agnelli vengono sacrificati in ogni dove. Dal forno sbucano lasagne e cannelloni, si gettano nelle pentole fumanti gnocchi e spaghetti alla chitarra che, una volta scolati, si fanno rotolare in maniera quasi lasciva con i più svariati sughi. Ma c’è un rito non molto in uso, chi lo pratica lo celebra quasi esclusivamente in famiglia per conservarne l’unicità. La colazione pasquale.
Se la mattina di Natale nel corso del tempo perde la sua magia come i bambini la loro innocenza, il mattino della Pasqua con la sua bizzarra colazione conserva il suo fascino e la sua tipicità adattandosi ai gusti familiari e, con il passare degli anni, diviene il solo momento in cui genitori e figli oramai cresciuti siedono alla stessa tavola al mattino. Ogni regione, ogni città, ogni paese, ogni famiglia ha una sua tradizione per questo strambo pasto, alcuni non ce l’hanno per niente, altri lo snobbano. La tavola romana semi tipica viene imbandita in un tripudio di dolce e salato. Troneggia ovviamente al suo centro il re incontrastato della Pasqua: l’uovo di cioccolato. Se per il resto delle mangiatorie ogni uovo va bene, quello mattutino deve essere speciale, il migliore, alcuni addirittura lo fanno confezionare in qualche cioccolateria artigianale ed il tesoro in esso contenuto non è un segreto per chi lo ha regalato. Spetta al più piccino l’onore di aprirlo, un bel pugno ed iniziano le danze. Nei piatti si susseguono portate che non trovano spazio nelle abbuffate seguenti. Ecco la corallina, tipico salame a punta di coltello di uno splendente rosso rubino al cui interno sono incastonati brillanti di grasso, la sua lunghezza è “illimitata” la mano del suo creatore non ha vincoli. Non è l’unico salume presente sulla tavola, ad accostarlo troviamo la “mortadellina di campotosto” ma non appena la madre si allontana possiamo finalmente chiamarlo con il suo vero nome: cojone di mulo. Tranquilli, niente a che fare con l’asino, dei suoi attributi possiede solo la forma con i cordami stretti da piccoli tranci di legno. Il suo interno è di magro macinato finissimo, la sua fetta è centralmente adornata da un succulento tocco di lardo stagionato. Pane sulla tavola non ce n’è, prende il suo posto la colomba, i più coraggiosi la usano per improvvisare arditi panini con i salami. A rendere vivace ed allegra la tavola ci sono le uova dipinte. Vengono lessate il giorno prima e, una volta raffreddatesi, la mano esperta dell’anziana di casa, coadiuvata dai bambini, le dipinge con motivi primaverili: dai mandorli in fiore ai voli di rondini, pulcini in girotondo e prati colorati. Romperne il guscio per gustarle con olio, sale e pepe è quasi sacrilego tant’è che qualcuno segretamente ne mette in salvo una mezza dozzina per aggiungerle alla collezione degli anni precedenti. Tutto queste leccornie non possono essere trasportate nello stomaco da flussi di acqua. L’unico liquido consentito nei bicchieri è il porto, si può anche concedere il permesso ad altri vini liquorosi. Anche questo rende la tavolata allegra e vivace al pari delle uova dipinte ma solo la parte adulta.
Non abbiamo faticato per prepararla, gli ingredienti sono rintracciabilissimi, ma la sua bellezza è unica. La colazione è finita, si sparecchia pronti ad affrontare il pranzo molto più impegnativo, molto più ricco ma estremamente meno intimo.