Raul Bova veste i panni del genitore in Buongiorno papà
Andrea (Raul Bova), 38 anni e una vita divisa tra contratti milionari di product placement e donne bellissime, cerca in ogni modo di rifuggire ogni responsabilità. Una condizione sociale ormai diffusa tra i quarantenni italiani che non sembrano aver voglia di mantenere rapporti duraturi se non con l’amata mamma, che pazientemente cucina e stira le loro camicie.
La sua vita da cinico ed eterno ragazzo subisce però una battuta d’arresto quando alla porta suona la sedicenne Layla (Rosabell Laurenti Sellers), che dichiara di essere sua figlia. A conferma di tale ipotesi viene fatto un test del DNA: Layla è davvero il frutto di un’avventura estiva ormai dimenticata.
Ne scaturirà un’improbabile convivenza forzata, resa ancor più difficile dalla presenza di Enzo (Marco Giallini), nonno di Layla ed ex cantante della rockband I Giaguari, e di Paolo (Edoardo Leo), l’amico imbranato di Andrea.
Il film vede il ritorno alla regia di Edoardo Leo dopo il suo esordio con Diciotto anni dopo. Ancora una volta il regista si confronta con una sceneggiatura (scritta a sei mani con Herbert Simone Paragnani e Massimiliano Bruno) incentrata sulle difficoltà e le separazioni che possono verificarsi all’interno di un nucleo familiare. Un ottimo soggetto che però manca forse di quell’aggressività che ci si aspetterebbe da una figlia abbandonata e poi nuovamente ripudiata: la giovane Layla sembra invece essere troppo comprensiva nell’attendere pazientemente il forzato (e prevedibile) cambiamento di Andrea. Il lietissimo fine, descritto dallo stesso regista come il frutto di una corale consultazione tra gli attori, mette fine a 109 minuti di velata canzonatura del bamboccione italiano, coadiuvata da reiterate quanto inutili sottolineature della bellezza statuaria di Raul Bova. Che rientri in una precisa strategia di marketing volta a conquistare il giovanissimo pubblico di teenager adulanti del bello e impossibile attore nostrano?
Buongiorno papà, distribuito da Medusa in oltre 400 sale a partire dal 14 marzo, si inserisce nel macroprogetto a firma Lucisano e IIF di rilancio del cinema italiano, con una nuova squadra di “addetti ai lavori” capaci di veicolare messaggi positivi senza però scadere nelle pesanti introspezioni da dramma sociale o nazionalistica autocommiserazione.
Obiettivo a quanto pare centrato: il film risulta gradevole nei dialoghi e leggero nella strutturazione della storia. Dedicato a chi si tiene a debita distanza dalle responsabilità del mondo degli adulti.
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