Il film Girlfriend in a coma di Bill Emmott e Annalisa Piras
Durante la fase iniziale della proiezione del documentario Girlfriend in a coma di Bill Emmott e Annalisa Piras all’American University di Roma ero rimasta disorientata dalle risate dei presenti. Si trattava di risate composte, sommesse, e tuttavia non riuscivo a comprendere cosa potesse suscitare una tale reazione davanti a dei contenuti cosi’ forti.
Ho dovuto attendere la fine del film per capire che, naturalmente, si trattava non di ilarità, ma del riso amaro di chi conosce fin troppo bene le realtà descritte sullo schermo, di chi ha accolto il secondo finale del film (che ha due possibili epiloghi) con un applauso liberatorio e la speranza che quel finale si traduca in realtà.
GIAC è un documentario che prende le forme di un viaggio dantesco attraverso la “buona Italia” e la “mala Italia”, quelle vicende che possono rendere il nostro Paese un paradiso o un luogo infernale. Non appena Bill Emmott intraprende la sua avventura, accade un fatto sconcertante: l’Italia, rappresentata come una giovane donna, è in lacrime e viene aggredita da un personaggio incappucciato che la riduce in coma – Girlfriend in a coma è la bellissima canzone degli Smith che ha ispirato il titolo del film ed è una metafore perfetta per descrivere lo stato attuale dell’Italia. E’ la storia di un incredibile potenziale sprecato, di come l’immoralità di alcuni abbia portato all’impoverimento di un’intera nazione.
Il film si avvale della testimonianza di esponenti della cultura, della politica, dell’imprenditoria, che forniscono la propria interpretazione sull’attuale decadimento, che è essenzialmente culturale, e che richiede, quindi, una rivoluzione culturale. Per uscire dal baratro occorre sostituire il clientelismo, la corruzione e le bugie con la ricerca della verità.
Verità è una parola ricorrente in una delle scene iniziali del film: il gotha della classe dirigente Italiana è in udienza da Napolitano, ma alle parole del Presidente, che parla di “verità, intelligenza, coraggio e fiducia” sembra distratta. Abbiamo ancora capacità di autocritica e voglia di un cambiamento? Un Paese abbrutito dagli scandali, rassegnato al qualunquismo e lobotomizzato dai media, è ancora capace di tenere alta la vigilanza?
I presupposti per il cambiamento ci vengono dalla “buona Italia”: quella che vuole parlare alle nuove generazioni e che confida in loro; quella che fa dei luoghi sottratti alle mafie delle case d’accoglienza; quella del capitalismo illuminato, dello spirito imprenditoriale e della ricerca dell’eccellenza.
Quello all’American University è soltanto uno degli appuntamenti del tour di GIAC, che continua a riscuotere il plauso della stampa, ma soprattutto l’attenzione della società civile. Il che fa sperare che il desiderio di un’Italia migliore sia ancora vivo e che occorra dargli voce. Per uscire a riveder le stelle.
foto di Suzanne Darkan