A tu per tu con Matteo Angioletti

Entrare in contatto con un ginnasta che ha segnato la storia della squadra italiana non è cosa da tutti i giorni. Sono tante le cose che passano nella testa di una persona quando si guarda un gara. Quando un atleta sale su un attrezzo, quando raggiunge un obiettivo, quando perde.

Immaginate quante possono essere, invece, tutte quelle che succedono a lui. Matteo Angioletti ci ha raccontato così la sua esperienza, quello che ha fatto per 26 anni, quello che sta facendo ora e che cosa vuol dire essere un ginnasta, dalla “g” maiuscola.

Sappiamo che a Novembre hai annunciato il tuo ritiro dal mondo della ginnastica. Non sono tanti mesi, ma quanto è cambiata la tua vita ad oggi?
“In effetti è a dicembre che ho chiuso la mia carriera ginnica ed è stata una decisione che avevo già preso da tempo. Concludere con un’olimpiade mi sembrava perfetto, un bel 10° posto al volteggio e la consapevolezza di avere dato tutto nella gara più importante per uno sportivo. Sinceramente, era da Pechino che vivevo un anno alla volta ma i risultati e le motivazioni mi hanno supportato e così sono arrivato a Londra 2012. Ginnastica per ora basta. Avevo delle proposte per allenare, ma ho scelto diversamente perché ho bisogno di disintossicarmi un po’ dal “mio” mondo dopo 26 anni di attività. Certo, se arrivasse una proposta importante dalla federazione non rifiuterei. Questo, però, non è successo e quindi mi sono buttato in un altro progetto, il CrossFit. Certo è che il mondo della ginnastica artistica rimane il mio mondo e quando riesco un salto in palestra a fare due salti e a salutare i ragazzi lo faccio sempre. Mi tengo in forma per delle esibizioni e non escludo che magari l’anno prossimo mi troverò ad allenare, ma per ora mi diverto col Crossfit! Inoltre in questo modo ho più tempo da dedicare alla mia famiglia, alla mia cucciola Lucia e a mia moglie Clara.”

Quando hai iniziato questa nuova attività?
“Già da un anno collaboravo con la Crossgym Cantù come tecnico specializzato x la ginnastica. Finito con l’attività agonistica ho seguito dei corsi e fatto degli aggiornamenti per insegnare CrossFit e a dicembre, quando abbiamo aperto la seconda struttura Crossgym a Merone, ho iniziato a lavorare lì a tempo pieno. Come istruttore mi trovo benissimo e la società e la palestra sono bellissimi. Dopotutto io sono dottore in scienze motorie e il mio futuro è nel mondo dello sport e dell’attività fisica.”

Di cosa si tratta?
“Il CrossFit è un nuovo metodo di preparazione atletica adatto a tutte le persone e a tutte le fisicità. Per un atleta ed un ginnasta non c’è nulla di nuovo, ma x una persona comune è molto divertente. Non si usano macchinari, ma è un allenamento funzionale, a corpo libero, con bilancieri olimpici, anelli, sbarre, palle, cavi, elastici. Si imparano sempre più movimenti e ci si allena a circuiti, per questo l’intensità arriva ad essere molto elevata. Ogni giorno si fa un circuito ed un allenamento diverso. Ora mi tengo in forma così e se riesco a migliorare mi piacerebbe anche gareggiare visto che il Crossfit prevede dei circuiti di gara sia a livello nazionale che internazionale: i Crossfit Games.”

Otto volte campione Italiano Serie A a squadre. Cinque volte campione Italiano al Volteggio. Due volte campione Italiano agli anelli e al corpo libero. Questi sono solo alcuni dei tuoi traguardi. Quale ricordi come il più emozionante?

“Il risultato più importante è stato il bronzo agli anelli nella finale di coppa del mondo a San Paolo nel 2006, una grande soddisfazione, ma sinceramente l’emozione più grande l’ho provata nelle due qualificazioni olimpiche con la squadra, mondiali Stoccarda 2007 e test event Londra 2012. Stoccarda 2007 però è stata magica, una gara perfetta, provavo una sorta di magia a gareggiare per una qualificazione in cui nessuno credeva se non noi ragazzi. Conquistata con gli amici e i compagni di sempre: Alberto Busnari, Igor Cassina, Andrea Coppolino, Matteo Morandi ed Enrico Pozzo, “La Squadra”. Saremo sempre legati da quegli anni passati insieme a gareggiare, emozioni che solo uno sportivo come noi può capire. Un ricordo particolare va ad Andrea e Igor che, oltre a essere compagni, sono grandi amici. Noi siamo cresciuti insieme nello stesso club, la ginnastica Meda, ore e ore passate in palestra uno a fianco dell’altro!”

Carriera infortunata, carriera sfortunata. Fa rima, ma con te si può dire che è stato tutto il contrario…                                        

 “Purtroppo la mia carriera è stata condizionata dai problemi alla mia caviglia destra. Ho sempre avuto una preferenza per il volteggio, ma dopo il mio primo infortunio importante al piede nel 1999 sono stato costretto a dedicare più tempo agli anelli, in cui gli arti inferiori sono meno sollecitati, diventando così il mio attrezzo di punta e in cui ho colto i miei successi più importanti.”

Se dovessi descrivere la tue Olimpiadi, come le definiresti?
“Atene 2004 prima olimpiade, emozione unica. Pechino 2008 era l’olimpiade in cui avevo più chance di risultato importante, ma le ho sprecate sbagliando il secondo salto di qualifica al volteggio. Da questa ho ereditato un’enorme delusione, voglia di riscattarmi e provare ancora la sensazione di gareggiare su un podio olimpico. Londra è quella che mi è piaciuta di più e ho vissuto più intensamente godendomi attimo per attimo. Molti amici mi sono venuti a vedere, e soprattutto la mia famiglia, mia moglie Clara, la mia più grande fan e sostenitrice che mi ha accompagnato per gran parte della mia carriera, una presenza silenziosa ma fondamentale, la mia forza e la mia motivazione, e a Londra avevo una forza in più, data dalla mia piccola Lucia di 4 mesi, seduta sugli spalti dell’O2 arena. Uno spettacolo di bimba, sono innamorato pazzo di lei e ora che ho smesso ho più tempo per fare il papà.”

Così ad occhi chiusi, i tre momenti più belli della tua carriera?
“Come ti dicevo prima tra i momenti più belli della mia carriera ricordo il bronzo agli anelli in finale di coppa del mondo a San Paolo nel 2006, una trasferta bellissima, e le due qualificazioni olimpiche: mondiali di Stoccarda 2007 e il Test Event di Londra del gennaio 2012, un bel mix tra noi 4 vecchietti (Angioletti, Busnari, Morandi e Pozzo) e i giovani Ottavi Paolo, Ticchi Lorenzo e Paolo Principi. Certo che le emozioni che ti dà un campo di gara olimpico sono uniche. Grande soddisfazione anche il decimo titolo di serie A con il mio club, la ginnastica Meda…io sono stato protagonista di tutti i 10 scudetti!”

E quelli più brutti?
“Nei momenti più brutti non posso dimenticare la delusione a Pechino dopo aver sbagliato il secondo salto a volteggio, il triplo avanti. Dopo aver eseguito benissimo il primo salto, il più difficile e pericoloso, ho buttato via la finale olimpica. Altro momento di grande delusione è stata la finale mondiale agli anelli ad Aharus 2006: mia prima finale mondiale con forse un po’ troppa tensione che mi ha portato a sbagliare l’uscita; non avevo mai fatto un errore del genere, era la parte forte del mio esercizio, ma non sono riuscito a fare quello che sapevo fare, ecco perchè ero tanto deluso! Un altro momento difficile è stato dopo l’intervento chirurgico alla caviglia destra nel dicembre 2005. Mesi difficili, in cui vedevo gli altri allenarsi e io non potevo e riuscivo a fare nulla, il piede migliorava a fatica e appena forzavo ero costretto a fermarmi ancora. Ci sono voluti 4 mesi, pazienza e volontà, ma anche quel periodo è passato.”

Rimorsi e rimpianti, si dice che uno li ha sempre nella sua vita. Se pensi alla ginnastica, ne hai qualcuno?
“Rimpianti e rimorsi no. Qualche delusione come ti dicevo prima, ma la consapevolezza di aver dato tutto me stesso a questo sport, la massima passione e impegno negli allenamenti quotidiani e in gara. Ho ricevuto e imparato tanto dalla ginnastica e rifarei tutte le scelte della mia carriera.”

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