La nuova guerra USA è contro il rating

barackobamaC’è chi sostiene che solitamente, durante il suo primo mandato, il Presidente degli Stati Uniti non si sbilanci più di tanto nei cosiddetti punti critici e criptici. Questo, sia per non farsi i cosiddetti nemici scomodi che, conseguenzialmente, per garantirsi una riconferma senza troppo soffrir d’animo.

A meno di un mese dal secondo giuramento, è ancora presto per poter affermare se questo sarà il caso di Barack Obama. Tuttavia, la mossa degli ultimi giorni è effettivamente di quelle clamorose.

L’amministrazione a stelle e strisce, porterà infatti in tribunale Standard & Poor’s, chiedendo 5 miliardi di dollari in causa civile. Sul piede di guerra, è disposta un’apposita commissione di inchiesta, la Financial Crisis Inquiry Commission, per una causa cui già hanno aderito i Procuratori Generali di 16 Stati, con l’aggiunta del Distretto di Columbia e la possibilità che si presenti come parte civile, da sola, anche New York. A giorni, verrà presentato in tribunale un dossier accurato circa le responsabilità dell’agenzia nella crisi dei mutui subprime datata 2008. L’accusa è quella di aver mantenuto alti i giudizi sui cosiddetti prodotti cartolarizzati, mostrandoli quali buoni e sicuri affari, quando in realtà hanno contribuito ampiamente a creare la bolla immobiliare che è ad oggi tra le cause della crisi economica americana. Il botto, quindi, è senza dubbio di quelli frastornanti. Obama lanciando il suo pesantissimo j’accuse, potrebbe creare un effetto domino notevole e del quale gli effetti non tarderebbero a farsi sentire. Nell’occhio del ciclone rischierebbero infatti di entrare anche Moody’s e Fitch, gli altri due colossi del rating che non furono esenti dall’apporre il bollo di qualità su (quasi) tutti i titoli tossici. La risposta di Standard & Poor’s è netta e rivendica una «valutazione basata sulle informazioni disponibili, guardando costantemente all’interesse degli investitori e di tutti i partecipanti al mercato», ricusando colpe di una crisi il cui devastante effetto non era ritenuto prevedibile.

Fa quasi sorridere oggi, rileggere quanto Paul Krugman, Premio Nobel per l’Economia nel 2008, scrisse sul New York Times nella calda estate del 2011, pochi mesi prima che la Standar & Poor’s togliesse la celeberrima Triple A all’economia USA, per la prima volta: «con le sue consorelle – le altre agenzie di rating – S&P ha rivestito un ruolo determinante nell´innescare tale crisi, assegnando un rating AAA ad asset garantiti da mutui ipotecari rivelatisi in seguito tossica spazzatura. Ma le sue valutazioni errate non si fermano qui. È notorio che S&P dette un rating A a Lehman Brothers – il cui fallimento innescò il panico a livello globale – fino al mese stesso del suo tracollo. E come reagì l´agenzia di rating quando fallì questa società alla quale aveva assegnato il rating A? Rilasciando una dichiarazione ufficiale con la quale smentiva di aver commesso alcunché di sbagliato».
Due anni fa, S&P fu costretta a restituire la parcella di quasi 800mila euro alla Parmalat per dichiararne l’affidabilità economica, ad un mese dalla sua bancarotta. Che l’esborso possa essere, stavolta, un po’ più grande?

 

 

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