L’APPRENDISTATO ALLA LUCE DEI CHIARIMENTI FORNITI DALLA CIRCOLARE DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

La circolare n. 5 del 21 gennaio 2013 nel fornire indicazioni di carattere operativo al personale ispettivo ha contestualmente fatto il punto circa la situazione sulla corretta applicazione del contratto di apprendistato dopo le recenti modifiche introdotte dalla legge 92/2012

E’ opportuno premettere che la definizione dell’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato (introdotto dall’articolo 1, comma 1, del D.lgs 167/2011, vale a dire il Testo unico dell’apprendistato) ha da sempre creato non poche difficoltà nei confronti dei datori di lavoro che si avvalgono del rapporto di lavoro in argomento.
Ebbene, la circolare in argomento precisa che gli apprendisti in somministrazione possono essere assunti solo a tempo indeterminato e che sono nulle le clausole di alcuni Ccnl che dispongono in modo diverso.
Rispetto agli obblighi formativi la circolare fissa alcune importanti fasi di controllo.{ads1}Una prima fase riguarda l’individuazione del momento in cui si può ritenere violata la disciplina formativa del contratto per giustificare un intervento ispettivo. Con riguardo all’apprendistato professionalizzante sono due gli aspetti da considerare a seconda che si tratti di formazione trasversale o di formazione di tipo professionalizzante: laddove la Regione decida di rendere facoltativa la formazione trasversale, in assenza della configurabilità dì un vero e proprio obbligo, non è possibile l’adozione di un provvedimento di carattere sanzionatorio; laddove invece il contratto collettivo di riferimento scelga di rimettere al datore di lavoro l’obbligo di fornire anche la formazione trasversale, nelle more dell’intervento della Regione, non potrà non ravvisarsi un corrispondente “ampliamento” delle responsabilità datoriali e, pertanto, dei connessi poteri sanzionatori in capo al personale ispettivo.
Una volta accertata la violazione dei contenuti formativi, scatta una fase due che ha lo scopo di verificare se è possibile recuperare l’interesse sostanziale della norma ed erogare la necessaria formazione all’apprendista. Proprio su questo punto interviene la circolare n. 5/2013 fornendo un criterio di valutazione da applicare in modo uniforme sul territorio.
Stabilisce infatti la circolare che la violazione delle ore di formazione previste per il primo anno del contratto non dà mai luogo a un disconoscimento del rapporto. Nel secondo anno invece, la violazione si configura – chiarisce la circolare – laddove sommando le ore del primo anno con la quota parte delle ore riferite ai mesi trascorsi del secondo anno rispetto al momento della verifica, il datore di lavoro non ha svolto almeno il 40% della formazione, ovvero il 60% delle ore accumulate fino al terzo anno.
Solo se le percentuali sono rispettate, e quindi il datore ha raggiunto un numero minimo di ore svolte, l’ispettore potrà giungere alla terza fase: vale a dire impartire una “disposizione” per effettuare il resto della formazione entro un termine. Diversamente, la fase tre è rappresentata dall’applicazione integrale del regime sanzionatorio.
La circolare provvede a rendere un’indicazione importante per i casi in cui un lavoratore che abbia già lavorato presso un’azienda (ad esempio con un differente contratto) venga successivamente assunto come apprendista per lo svolgimento delle stesse mansioni. Ebbene, al riguardo la circolare evidenzia che la predetta ipotesi non è vietata dalla legge e che, in generale, l’apprendistato può essere utilizzato tutte le volte in cui sia possibile fornire al lavoratore un percorso formativo adeguato al conseguimento di una qualifica. Al fine di individuare le ipotesi in cui si presume che sia rispettata la finalità formativa del contratto, la circolare stabilisce una soglia oggettiva: se il lavoratore, durante l’esperienza lavorativa precedente, ha svolto le mansioni contemplate dal nuovo rapporto per un periodo superiore alla metà della durata massima dell’apprendistato fissata dal contratto collettivo, dovrebbe escludersi la legittimità del rapporto.

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