L’Olocausto e quel pianista di Barletta
“La vita è bella” su Rai Uno, “Schindler’s List” su Iris, “Fuga per la libertà – l’aviatore” su Canale 5, “La chiave di Sara” su Sky Cinema. L’elenco dei film sull’Olocausto trasmessi ieri in tv è lungo. Opere importanti, tutte concentrate in poche ore. Leggendo il palinsesto può sembrare che la Giornata della Memoria sia davvero circoscritta alla durata di 24 ore.
Già lunedì 28, per depurarsi dalla “pesantezza” dell’argomento, Rai Uno manda la romantica fiction “La ragazza americana” con Vanessa Hessler e Giulio Berruti, mentre Canale 5 trasmette “Zelig”. Ma la deportazione degli ebrei rimane per molti un evento vivo. C’è chi, addirittura, ne ha fatto materia del proprio lavoro.
Francesco Lotoro, per esempio, è un pianista che sta dedicando la sua vita nella raccolta degli spartiti composti all’interno dei campi di sterminio nazisti. Nato a Barletta 48 anni anni fa, Francesco è cresciuto in una famiglia cattolica. Non c’è nessun ebreo tra i suoi antenati, ma nel profondo sente di appartenere a quel popolo. Pensa che, magari, un suo antenato ebreo è stato costretto a convertirsi durante l’inquisizione in Spagna. Tra i dubbi sul proprio passato, il pianista diventa ebreo molto giovane. L’unico ancora oggi, ad eccezione di sua moglie, a seguire questa religione a Barletta. «La differenza con la musica scritta in libertà la si nota a malapena», confessa alla giornalista francese Marion Van Renterghem durante un’intervista, «quando un musicista scrive a casa sua o in prigione, si isola. Ma nei campi di concentramento c’è un’angoscia, un’urgenza, la necessità di risparmiare spazio, di essere concisi». La ricerca di Francesco nasce nel 1990, quando, durante un concerto a Tel Aviv, ha suonato un brano di Gideon Klein composto nel campo di Tereniz. L’autore era un ebreo ceco che fu poi trasferito ad Auschwitz, dove morì nel ’44. Le sue note hanno affascinato Francesco a tal punto da portarlo a scoprire altri brani di Klein. E da Klein ha proseguito nella ricerca di altri musicisti ebrei, per poi giungere alla musica composta in qualsiasi prigione, che sia nazista, sovietica o persino dove gli Alleati tenevano i tedeschi durante la guerra. «Dovevo ridare vita a questi compositori che avevano voluto continuare a creare per rimanere degli esseri umani».
La ricerca di Francesco è enorme. Attraverso biblioteche, università, le testimonianze dei
discendenti, il pianista ha recuperato spartiti appena leggibili, scritti nella carta igienica, nei volantini di propaganda, nei pezzi di giornale. Completare questi brani, interrotti per motivi immaginabili, è quindi il secondo stadio della ricerca di Francesco. Quattromila sono le partiture recuperate in questi anni e “soltanto” 407 sono stati incisi nell’opera “KZ Musik“, vera enciclopedia musicale in 48 cd. Finora il giornalista Thomas Saintourens ha dedicato a Francesco e alla sua tenacia il libro “Il Maestro”, probabilmente pronto per essere trasformato in materia cinematografica. Gli eventi, dopo tutto, se non vengono raccontati difficilmente rimangono impressi nella memoria.