Una Barbara da oscar…delle gaffe

resizerE’ sera e la telecamera mette a fuoco una donna che si aggira per i vagoni del Frecciarossa Roma-Milano, inquieta: Barbara D’urso, la “simpatica” conduttrice di Pomeriggio Cinque è di nuovo in protesta.

Dovendo, dunque, scegliere tra i grandi problemi dell’intera umanità ha deciso di volgere le sue invettive nei confronti dei disservizi forniti da Trenitalia – o meglio uno in particolare, il freddo.

Chi di voi, alla stazione, non si è mai lamentato del freddo, prendendosela con il cielo? Barbara D’Urso invece no, lei se la prende con Trenitalia. Fa freddo, lei ha la febbre ed è stanca. Non vogliono neanche farla entrare nella “saletta”, anche se lei “ha chiesto la tessera, ma non gliel’hanno data”. A chi la volete dare la tessera se non a lei che “due volte a settimana viaggia con quel treno?”. 

Il fantomatico video di protesta, pubblicato prontamente dalla D’Urso, era accompagnato da una straordinaria riflessione sulla vita: “Come sono romantiche le scene dei film in cui ci si saluta in stazione… In cui ci si abbraccia, ci si bacia, ci si saluta sventolando il fazzolettino, sapendo che passerà molto tempo prima di rivedersi, che bisognerà fare i conti con il distacco fisico, con la nostalgia del calore del proprio amore… Ecco, questo per dirvi che io non vivo tutto questo! E ve lo dimostro con il clippino che ho girato domenica sera in stazione Termini, a Roma, prima di risalire a Milano per Pomeriggio Cinque. Senza il principe azzurro con il fazzolettino e pure con la febbre (che non mi è ancora passata). Domenica ho girato un secondo clippino, una protesta (simpatica) che riguarda il mio treno… Ma voi? Quelle scene da film in stazione le avete mai vissute? Fatemi sognare!”. E mentre il web continua a rilanciare la performance della Barbara inviata contro Trenitalia, non si può fare a meno di ricordare molti altri dei suoi momenti di profonda dedizione alla professione giornalistica come la straordinaria rosa di espressioni che conserva per i momenti più difficili o la sua finta comicità napoletana. E, mi raccomando, “salutiamo i ciechi che ci guardano” (Barbara docet).

 

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