Televisione da favola: Biancaneve era una bad girl
Nonostante razze, sesso e gusti che variano col passare del tempo, c’è qualcosa a cui – a quanto pare – ognuno di noi non saprebbe proprio rinunciare. Sesso, cibo, aria? Siete fuori strada: le favole.
Se fosse Freud a parlare probabilmente sosterrebbe che questo bisogno è legato a qualche traumatico episodio infantile. In realtà si tratta piuttosto, pare, del nostro desiderio di sognare. E a tutti i maschietti che stanno alzando gli occhi al cielo, bisognerà regalare una terribile delusione: questo dato è statisticamente certo, quasi quanto la non esistenza di Babbo Natale. Chiedetelo a Sky che sui cartoni animati ha creato un vero e proprio buisness, regalandogli addirittura un canale…regalandogli, poi, si fa per dire. Da Disney Channel a Sky Cinema Family il passo è breve e l’unica nota assolutamente in comune è che, televisivamente parlando, i cartoni animati sono sempre un buon investimento. Dato sorprendente, considerando che siamo un paese ad alta “concentrazione pensionistica”: perchè invece è dimostrato che una grossa percentuale degli spettatori Disney sono maggiorenni e vaccinati? I cartoni sono la forma di evasione potenzialmente più efficace. Non a caso fra le prime produzioni della Disney primeggia Bambi, proiettato durante la guerra, come metafora di rinascita dopo la tempesta (diciamocelo, quanti di noi posso vantare la forza d’animo necessaria per non afferare i kleenex durante la morte della mamma del cerbiatto?).
Il genio di Walt consiste proprio nel proporre un’evasione che spinge le persone a sognare. E’ innegabile, infatti, che i cartoni ci portino a credere e sperare in una realtà spesso
piuttosto utopistica. Prendiamo Biancaneve: la candida fanciulla innocente – con una voce che farebbe impallidire Pavarotti e Bocelli insieme – viveva con sette uomini (facciamo pure 3 e mezzo), parlava con gli animali (oggi probabilmente concorderemmo tutti sul fatto che assumeva un certo tipo di droghe) e fuggiva con uno sconosciuto (neanche troppo bello) dopo il primo bacio, solo perchè aveva un castello. Cenerentola invece, donna del ventunesimo secolo ante litteram (come tutte noi, infatti, alla scoperta di avere dei biglietti gratis per un ballo, il primo pensiero utile è: “cosa mi metto?”) faceva fare tutto il lavoro sporco ai topini: se fosse vissuta oggi sarebbe già arrestata per sfruttamento di minori o di incapaci (come preferite) ripagandoli con una manciata di mais che faceva recuperare di nascosto al gatto.
Ma è pur vero che a guardare bene, il caro vecchio Walt, qualche insegnamento utile per la società moderna ce l’ha tramandato: se vivete in un monolocale senza ascensore, vi conviene investire sullo shampoo, fortificare i capelli e aggrapparvi a quelli per risparmiare energie per il principe azzurro – anche perchè alla festa del suddetto si entra solo se sei in lista con la fata giusta, che le ragazze cercano il principe azzurro con il castello di proprietà, mentre i principi non fanno caso al 740 per innamorarsi, basta che siano silenziose (e in questo Ariel ci aveva visto proprio giusto), innocenti (o almeno lo sembrino) e minorenni (a loro piace crescersele, il cerchio della vita deve cominciare dal punto giusto, per intendersi). E se il creatore di tutto questo universo fantastico doveva avere qualche problema con la sfera familiare (le madri delle principesse sono tutte morte, scomparse o non pervenute), è anche vero che grazie a lui abbiamo appreso presto che tutto ha un limite, anche i sogni (care Cenerentole, tenete d’occhio gli orologi), che esiste qualcuno, da qualche parte, che potrebbe regalarci una biblioteca intera (anche se si tratta di una Bestia che non è neanche in grado di mangiare) e sopratutto che non importa quanto dovremo aspettare o quanti rospi dovremo baciare: prima o poi il principe azzurro ci troverà, anche se, in alcuni casi, saremo costrette a dormire 100 anni.