Ugo Pagliai è Samuel Beckett in Wordstar(s)

Wordstar(s), in scena al Teatro Vascello fino al 20 gennaio 2013, racconta gli ultimi giorni di vita dello scrittore Samuel Beckett, consumato dal rimorso di non essere riuscito a esprimere tutti i suoi pensieri, ossessionato da una perfezione linguistica che va pian piano scomparendo assieme alla creatività.

In una camera da letto debolmente illuminata, con tonalità tipiché dei quadri di Francis Bacon, Samuel (Ugo Pagliai) passa le giornate a riflettere sulla morte dell’immaginazione, sull’abbandono della creatività artistica, linfa vitale per uno scrittore del suo livello. I giorni di fama sono ormai sbiaditi ricordi, e l’artista si appresta a trarre le ultime conclusioni: l’arte è un fallimento inevitabile. Nessun accenno biografico alla vita di Beckett, nessun riferimento letterario alle opere del celebre autore irlandese. Pagliai è lì a rappresentare un vecchio uomo frustrato dalla sua mediocrità, pronto a maledire un corpo incapace di reagire, neanche quando c’è da soddisfare la più semplice necessità di tagliarsi le unghie dei piedi.

Critiche osservatrici di questo strisciante monologo sono Suzanne (Paola Gassman) e Billie (Paola di Meglio), rispettivamente moglie e amante di Samuel, che dopo essere morte in circostanze sconosciute (e mai approfondite durante l’intero spettacolo) intrattengono vacue digressioni sull’amato scrittore, in un teatrino che anziché richiamare i dinamici registri beckettiani rimane confinato a sterile botta e risposta tra comari di purgatorio, costrette all’attesa di un’altrui ora X.
Non impreziosisce la trama il personaggio di Knowson (Alessandro Albertin), giornalista-professore che nella sua unica incursione cerca di strappar via l’ultimo grande aforisma dal moribondo autore.

Un esperimento di meta-teatro che, a detta del regista Giuseppe Marini, contribuirebbe al rilancio della drammaturgia italiana. Il testo di Vitaliano Trevisan sembra però mancare l’appuntamento con l’introspezione nuda e cruda, fondamentale in qualsiasi produzione autoriflessiva. Le ultime ore dell’uomo autore diventano delirio ancor prima di offrire una minima chiave di lettura agli spettatori. La conclusione, momento inaspettatamente caotico quanto solennemente funereo, sancisce la netta separazione tra chi raccoglie la sfida di interpretazione di un testo così enigmatico e chi, suo malgrado, pensava di cavarsela con un paio d’ore di spensierata soirée teatrale.

Per informazioni www.teatrovascello.it

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