Calcio e razzismo: la storia infinita

Siamo sempre allo stesso punto. Anno nuovo, vita vecchia. E lo stesso succede anche nel mondo dello sport e, in questo caso preciso, quello calcistico. In merito alla vicenda della squadra rossonera che aveva abbandonato il campo durante un’amichevole per i cori razzisti contro Kevin – Prince Boateng, Joseph Blatter, presidente della Fifa, aveva così commentato:

”Serve tolleranza zero contro il razzismo, ma non credo che lasciare il campo sia la soluzione”. Questa non è una soluzione, dare la partita vinta a tavolino non è una soluzione, gli stadi vuoti non sono una soluzione perché ritenuta “ingiusta” da alcuni tifosi. Allora, qual è la soluzione migliore? Nella giornata di ieri è stato annunciato che “in presenza di segnali di razzismo, intolleranza o antisemitismo, l’arbitro provvederà, anche su segnalazione dei calciatori, ad investire, tramite il ”quarto uomo”, il Dirigente del servizio di ordine pubblico, unico responsabile della decisione di sospendere la gara”, decisione presa dall‘Osservatorio sulle manifestazioni sportive. Sempre nel documento dell’Osservatorio si legge che “un’analoga informazione potrà essere data dal rappresentante della Procura Federale, se presente. Lo stesso Dirigente del servizio, in presenza di espressioni di razzismo o intolleranza di particolare gravità, valuterà, in ogni caso, il non avvio o sospensione dell’incontro – anche a carattere temporaneo – per consentire la diffusione di messaggi di ammonimento per le tifoserie, attraverso i sistemi di amplificazione sonora presente negli stadi”.

Sembra un piccolo passo avanti verso un mondo dove la parola rispetto viene calpestata giorno dopo giorno. La cosa su cui bisogna fermarsi a riflettere è: è normale dover creare delle leggi per dei cori anti razzisti? Il mondo dello sport, inoltre, dovrebbe essere quello del divertimento, della spensieratezza, del gioco di squadra, della voglia di giocare, fare spettacolo e far divertire il pubblico. Troppe volte, specialmente nel calcio, si arriva a un punto di non ritorno, dove il difficile è andare avanti e cercare di migliorare e migliorarsi. A oggi, che cosa abbiamo davanti i nostri occhi? Uno scrittore francese, premio Nobel della letteratura nel 1947, diceva: “Meno è intelligente il bianco, più gli sembra che sia stupido il negro”. Dopo più di 60 anni, come scritto all’inizio, stiamo fermi ancora allo stesso punto.

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