Michele Riondino, uno degli attori più interessanti degli ultimi anni, interpreta, con la regia del suo gruppo Circo Bordeaux, “Siamosolonoi” di Marco Andreoli. Attore di formazione teatrale, ha lavorato con importanti registi teatrali, cinematografici e televisivi. Di recente è venuto alla ribalta televisiva con il ruolo da protagonista nella serie televisiva “Il giovane Montalbano”.
In scena con Riondino, Maria Sole Mansutti, giovane e intensa attrice teatrale, ha lavorato anche lei, con alcuni dei maggiori registi teatrali italiani e si è affermata in ruoli cinematografici e televisivi.

“Siamosolonoi” racconta la storia dell’amore patologico, possessivo, infantile che unisce i due protagonisti, Savino e Ada: un uomo e una donna impegnati in un confronto che è una lotta amorosa, al tempo stesso spietata e dolcissima.
La pièce si svolge in una cucina: questa stanza del quotidiano per eccellenza, da pulire e riordinare, in cui preparare il pranzo e guardare la tv, diventa per Ada e Savino teatro di duelli e vendette, privazioni e liberazioni, conquiste e sconfitte, in un alternarsi di leggerezza, malinconia e inquietudine.

Il testo di Marco Andreoli è stato costruito facendo riferimento alla “teoria dei giochi”, la scienza che analizza le situazioni di conflitto e studia le decisioni individuali dei soggetti coinvolti.
Scrive Andreoli: Siamosolonoi è un piccolo romanzo di formazione, un rapido bildungsroman, una metafora quotidiana e universale del percorso umano.
Ne “Siamosolonoi” Ada e Savino sono i “soggetti coinvolti”: ognuno di loro persegue uno scopo diverso e, di conseguenza, è costretto ad immaginare e ad applicare strategie differenti (…)
Malgrado la volontà un po’ cocciuta di realizzare griglie e contenitori, parliamo pur sempre dell’amore e della sua negazione. Tutta roba, insomma,che non può essere davvero contenuta in nessunissima griglia.

Note di regia e note dell’autore
Una cucina.
E nella cucina un tavolo, qualche sedia, un piccolo albero di Natale, un frigorifero.
E sul frigorifero, seduta come si mettono a sedere le bambole, una bambola. Di pezza.
Che si chiama Ada.
E poi c’è qualche macchia di sangue. E la mano di un uomo morto che sbuca da un lenzuolo arancione.
E infine c’è Savino, che stringe i pugni, distoglie lo sguardo e pensa; pensa a quanto tempo gli rimanga per mettere ogni cosa al suo posto.
Siamosolonoi è un piccolo romanzo di formazione, un rapido bildungsroman, nel cui spettro si comprimono e si consumano l’elaborazione di un lutto, la verità di una colpa, il senso segreto dell’abbandono.
Ada, come ogni gioco riempito di anima, vive e interpreta i personaggi, i desideri e le paure che smarginano dalla testa di Savino. Ecco che allora, in questa cucina da pulire e riordinare, si scatenano duelli fatali e vendette violente, messinscene nere o leggere da morire, racconti di ambasciatori d’altri tempi o di madonne diseredate.
Ma una stanza del genere deve contenere anche la vita quotidiana, così come solo la mente di un bambino abbandonato può desiderarla: nient’altro che un piccolo mondo infinito nel quale preparare il pranzo e guardare la tv, nel quale allevare mille figli, uno diverso dall’altro, nel quale ci si stringe la mano o ci si scopre gelosi per il solo gusto di farlo.
Questo racconto articolato, dall’andamento sinusoidale, prodigo di immagini e di alternanze, non è altro che la metafora di un percorso umano di privazione e di liberazione, di conquista e di sconfitta. Un percorso – va da sé – necessario quanto inevitabile; perché taglia, senza fraintendimento alcuno, la superficie chiara e delicata della coscienza individuale.
Il tempo, la memoria, la percezione del reale: sono queste le variabili distorsive che alimentano e consumano l’amore patologico, possessivo, infantile che unisce Savino alla sua bambola Ada.
Savino, del resto, è solo un bambino chiuso in una stanza. Che per sopravvivere alle violazioni del proprio spazio e del proprio tempo, inventa un mondo di oggetti, di cose; un mondo che dovrebbe poter dominare ma che, in buona misura, avverte come ripetizione ciclica di un fallimento emotivo.
Ada è uno di questi oggetti, una di queste cose: una bambola dalle personalità multiple che, al tempo stesso, definisce e articola l’universo chiuso di Savino. Un uomo e una donna: eccoli, dopotutto, i fuochi ineludibili su cui si tende l’ellisse di questo lavoro. In un confronto che al tempo stesso vuole essere spietato e dolcissimo e che trova nella parola e nell’azione la sua pretesa universalità. Senza per questo voler mai dichiarare né il vinto né il vincitore.

Siamosolonoi è uno spettacolo di parole e di immagini, che nasce da un viatico di costruzione collettivo e sedimentato, che si propone come caleidoscopio organico di una lotta amorosa, come processo teatrale di un’indagine comune.

Molte delle scene sono state costruite utilizzando, in filigrana e come base strutturale, alcune delle teorie dei giochi più diffuse in campo economico-matematico. La teoria dei giochi, in senso generale, è la scienza che analizza le situazioni di conflitto ricercando soluzioni competitive e cooperative tramite modelli effettivamente applicabili.
Si tratta, più precisamente, di studiare le decisioni individuali in merito a situazioni nelle quali interagiscano due o più soggetti, considerando che tali decisioni influiscono inevitabilmente sui risultati conseguibili da parte di tutti i soggetti coinvolti.
In Siamosolonoi Ada e Savino sono i “soggetti coinvolti”. Ognuno di loro persegue uno scopo diverso (rispettivamente lo status quo e l’emancipazione) e, di conseguenza, è costretto ad immaginare e ad applicare, strategie differenti.
Ma, in fin dei conti e come sempre nei nostri lavori, il fulcro principale dell’intero processo è comunque un fulcro emotivo. Malgrado la volontà un po’ cocciuta di realizzare griglie e contenitori, parliamo pur sempre dell’amore e della sua negazione. Tutta roba, insomma, che non può essere davvero contenuta in nessunissima griglia.

Didascalia scena
Una grande cucina.
Una grande cucina nella quale, per lo più, domini il colore bianco.
Bianchi sono gli armadietti, bianco è il tavolo, bianchi gli elettrodomestici.
L’aggettivo grande è da considerarsi, nel caso di specie, secondo molteplici valenze. Innanzitutto si tratta della cucina di una grande casa, dunque di una cucina molto ampia e spaziosa. Ma si tratta anche di una cucina nella quale gli elementi costituenti risultano essere decisamente più grandi del normale. Il grande frigorifero bianco, il grande tavolo bianco, la grande lavastoviglie bianca, hanno dimensioni maggiorate, dell’ottanta o del novanta per cento superiori a dimensioni che si intendono consuete. Questo significa, tanto per intenderci, che nessuno dei due personaggi, nel caso in cui dovesse sedersi su una delle grandi sedie bianche, potrebbe toccare il pavimento con la punta dei piedi.
La cucina presenta una evidente – per quanto non necessariamente rigida – simmetria frontale. Ciò significa che, ipotizzando di tracciare una retta che attraversi il punto mediano della linea di proscenio e che sia ad essa perpendicolare, gli elementi alla destra e alla sinistra di tale retta risultino, rispetto alla stessa, ripetuti ed equidistanti.
Riverso sul pavimento, un cadavere. O almeno quello che sembra essere un cadavere. Di fatto ciò che vediamo è un volume indistinto coperto da un lenzuolo colore arancio. Dal lenzuolo, in corrispondenza di zone che risultano coerenti con l’ipotesi che lo stesso ricopra un cadavere, sbucano la mano e il piede di un uomo.
La cucina – sulle pareti, sul pavimento, sui piani delle varie suppellettili – presenta schizzi e macchie di sangue. Tale quadro, con tutta evidenza, tende ad accreditare non solo l’ipotesi che sotto il lenzuolo vi sia effettivamente il corpo di un uomo, ma anche quella secondo cui, questo stesso uomo, sia stato ucciso attraverso atti di estrema violenza.
Savino, in piedi contro la parete di sinistra, di spalle, oscilla sulle gambe come fosse un pazzo. Un pazzo incapace di nascondere la colpa e la paura.
Ada è seduta sul piano superiore del grande frigorifero. Ha le mani davanti agli occhi.
Accanto a lei, un piccolo alberello di Natale.

Note sulla scenografia
Nella prima metà dello spettacolo la cucina non è nient’altro che una cucina.
Tavolo, scaffali, suppellettili sono, come già specificato, sovradimensionati.
Ma, a parte questo, si tratta di una cucina.
Una cucina bianca. Qua e là macchiata di rosso.
Nella seconda metà dello spettacolo la cucina, almeno esteriormente, resta una cucina.
Ma nei cassetti, nei mobiletti, dentro il frigorifero, non c’è più il sale o il Nesquik o le sottilette.
C’è dell’altro.
C’è la produzione fantastica di Savino. Il suo mondo immaginario.
I vari sportelli danno dunque accesso ad una dimensione imprevista, simbolica, irreale.

REGIA Circo Bordeaux
AIUTO REGIA Alessio Piazza
DISEGNO LUCI Luigi Biondi
MUSICHE ORIGINALI Teho Teardo
ATTREZZISTA DI SCENA Francesco Traverso
SCENE Fabrizio D’Arpino
VIDEO Marco Quintavalle
TRUCCO E COSTUMI Eva Nestori
SARTA Emanuela Pagliarini

8 | 20 gennaio 2013
Piccolo Eliseo Patroni Griffi
Orari recite:
martedì, giovedì, venerdì ore 20.45
mercoledì, domenica ore 17.00
sabato ore 16.30 e 20.45
via Nazionale, 183 00184 Roma T.(centralino) 06 488 721 T.(botteghino) 06 4882114 | 06 48872222 – info@teatroeliseo.it

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