Quale PD dopo le primarie?

Bene ha fatto Bersani ad accettare il confronto con Renzi per le primarie di coalizione. Intanto perché le ha vinte. Ma, pur potendo evitare il confronto in base allo statuto del partito, ha preferito accettare il rischio e chiudere i conti con il giovane sfidante. Con la sua affermazione il segretario, oltre la legittimazione popolare, ha ottenuto un risultato che se ben gestito può cambiare il volto del Pd. 

Innanzi tutto nel rapporto tra ex Margherita e ex Ds. I gruppi non si erano mai amalgamati e le contraddizioni erano esplose anche su votazioni importanti come ad esempio sui temi etici. La segreteria non riusciva a controllare i vari gruppi e gruppetti che si muovevano in forma autonoma. Ora Bersani è più forte e la campagna di Renzi che è stata percepita più generazionale che di linea politica, ha scomposto le vecchie alleanze. Il segretario ha quindi l’occasione, se ne sarà capace, di rinnovare veramente il partito e avviare il ricambio dei vertici recependo le istanze imposte dalla buona affermazione di Renzi. 

Un altro obiettivo raggiunto da Bersani è quello di essersi affrancato definitivamente da quegli apparati di partito che l’avevano sostenuto e che davano l’impressione di condizionarlo. Si chiude, quindi una volta per tutte l’epoca del dualismo tra Veltroni e D’Alema e il segretario, anche se continua a rifiutare il concetto di carisma, esce dalle primarie fortemente rafforzato sotto il profilo personale. Ora si tratta di spendere questo vantaggio in chiave di proposta politica e di alleanze. Niente sarà facile: la foto di Vasto non c’è più, Vendola rischia di essere il Bertinotti della prossima legislatura, i centristi non si bene chi sono né quanti sono, la legge elettorale imporrà a tutti le regole per la sopravvivenza, l’incognita Grillo aleggia come una mina vagante. E tutto questo in un paese in profonda crisi, stanco e scoraggiato, dove ogni giorno si perdono mille posti di lavoro e dove si infrangono le speranze di  un’intera generazione. 

La politica non è stata mai così distante dai cittadini. Ma nella riorganizzazione del centrosinistra si è intravisto qualcosa di positivo, se non altro nella voglia di contare che ha spinto oltre tre milioni di cittadini alle urne. Infine una notazione: prima della partenza della campagna sulle primarie, i sondaggi davano il Pd attorno al 27%. Questa quota è via via cresciuta fino a raggiungere attualmente il  35%. In caso di elezioni probabilmente non sarà così e molto è sicuramente dovuto alla fortissima esposizione mediatica. Ma questo dovrebbe far riflette il Pd nel caso si dovesse votare con la legge attuale: anche con il ‘porcellum’ è possibile far scegliere i candidati dagli elettori. Con primarie territoriali ben organizzate si otterrebbe il risultato di presidiare i media e dare voce ai cittadini.

26 Novembre 2012

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