Il cartone in 3D “Rise of the Guardians”, la rivista “Anni Ottanta”, il libro “Pop film art”

La quinta giornata della settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma inizia con il
vincitore del Premio Vanity Fair per l’Eccellenza nel Cinema, un cartone animato in 3D. Si intitola “Rise of the Guardians” tradotto “Le 5 leggende”, diretto da Peter Ramsey, alle prime armi.

Perché le cinque leggende? Sono delle forze che vanno al di là della mente dell’uomo, ma non del bambino. Hanno uno stretto contatto con l’infanzia e si battono per “proteggere l’innocenza e la fantasia dei bambini di ogni età”. Le parole d’ordine sono fede e magia. La storia spazia da un piccolo paese del New England al Polo Nord fino ad arrivare a Shangai, ai tetti di Shangai. Il tutto accompagnato dalle musiche di Alexandre Desplat, nominato quattro volte agli Academy Award. E il cattivo? L’Uomo Nero, il malvagio Pitch, il seducente Jude Law.

 

Notebook. Dalla Sala Sinopoli si va alla libreria dell’Auditorium dove viene presentata la rivista “Anni Ottanta” (Rubettino Editore) che racconta il rapporto tra cinema e storia attraverso l’immaginario e la mentalità di quel periodo. Finalmente chi non ha vissuto quel periodo inizierà a capire qualcosa, a studiare un’epoca, a digerire il passato. Forse accadrà anche per chi ha vissuto quegli anni. Cosa sono gli anni Ottanta. Lo racconta Walter Veltroni, ospite alla presentazione, appassionato intenditore di cinema. Basta ascoltarlo per rendersi conto del pesante bagaglio cinematografico che porta con sé. Ciò andando oltre i suoi ideali politici. “È difficile definire un’epoca”, ma il cinema, i libri e la televisione ci aiutano divenendo lo specchio della società. Due film che riflettono gli anni Ottanta? Per Walter Veltroni sono “Rambo” e i Cinepanettoni, tanto deturpati quanto folgoranti.

 

Spazio Serra è dove viene presentato il libro “Pop film art” a cura di Stefano Della Casa e Dario Edoardo Viganò e con la collaborazione di Pierpaolo De Sanctis e Vittorio Sgarbi. Si potrebbe partire dalla cover che come tutto ciò che è pop stimola la curiosità; coloratissima tra il bianco e il nero, ordinata nel caos, racchiude non una corrente cinematografica, non una forma d’arte, ma una società. Quella tra gli anni Sessanta e Settanta. “Pop film art” è la lente d’ingrandimento di un’espressione culturale, tanto alta quanto bassa. “Da non sottovalutare l’importanza commerciale per una miglior divulgazione artistica” ricorda Simone Casavecchia – direttore editoriale di Edizioni Sabinae -che ha affiancato la realizzazione e la produzione del libro con “convinzione ed entusiasmo”. Dalla cover si passa alle immagini – fotogrammi di colore – che, come afferma Stefano Della Casa, sarebbero potute essere sufficienti per esprimere “quel tempo storico e quella realtà culturale e artistica”. Tra design, pittura e moda, “Pop film art” prende per mano il lettore conducendolo in una “modernità” che coincide con un’epoca, una forma d’arte, uno stile di vita. 

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