Elezioni Sicilia: trionfo M5S e Crocetta Presidente
La vittoria dell’astensionismo: un’affluenza alle urne pari al 47,42 per cento degli elettori, con ben 19,26 punti in meno rispetto al 2008. E’ questo in realtà il dato più rilevante nella vicenda #elesicilia, chiara epifania di un sentimento ormai diffuso di sfiducia, se non di indifferenza – sicuramente più pericolosa – verso la classe politica tutta e sul reale impatto del suo operato nella vita dei cittadini.
Se a questo poi aggiungiamo le vicende che hanno visto coinvolte le regioni Lazio e Lombardia, è chiaro che la credibilità stessa della democrazia è in netta crisi. E parlando di numeri, anche Crocetta, del resto, è stato eletto con un margine basso: ha ottenuto il 30,5 %, tallonato dal candidato di Pdl-Pid-La Destra Nello Musumeci con il 25,7%. A seguire: l’esponente del M5S Giancarlo Cancelleri, con un 18%, davanti a Gianfranco Micciché, candidato con il Partito dei siciliani e Fli, al 15,4%.
Nonostante il risultato delle liste, che vede il Movimento Cinque Stelle con il 14,7% diventare il primo partito in Sicilia, la vittoria di queste elezioni è dunque del Pd: “Abbiamo vinto, cose da pazzi”, ha detto Bersani dopo il trionfo siculo, e non ha tutti i torti – ci si aspettavano sicuramente risultati meno esaltanti. Invece Rosario Crocetta, classe ’51, sembra aver conquistato il (poco) elettorato, dando lustro ad un partito incerto. Quale la ricetta? «Con la mia elezione credo che cambi veramente la storia di questo Paese» ha detto «si è rotto un muro di gomma, per la prima volta è stato eletto un candidato del centrosinistra che ha scelto come valore fondante la lotta alla mafia. Credo che siano questi due elementi forti del cambiamento che dimostrano come in Sicilia, come dice anche Camilleri, sia entrata aria nuova e pulita». Aria nuova e pulita, dunque: un governatore che ha fatto della lotta alla mafia il suo simbolo, e che ha una scalata politica pulita e coerente, partendo giovane dal PCI e approdando alla vicepresidenza della Commissione speciale antimafia (Crim) dell’Unione europea, dopo essere passato per le cariche di consigliere comunale, assessore e sindaco. Sulla scena politica dell’Isola da decenni e primo sindaco dichiaratamente omosessuale in Italia, ha toni minimalisti e quasi drastici, ma non tecnici: “Se dovessi diventare presidente della Regione Sicilia dirò addio al sesso e mi considererò sposato con la Sicilia, le siciliane e i siciliani. Guidare la cosa pubblica è come entrare in un convento “ aveva detto ad Agosto, “quando si hanno ruoli pubblici si deve essere molto prudenti e molto casti. […] Meno male che in questo mi aiuta il fatto che ho una età e il tempo della passioni è finito.”
Uno stacco netto, se vogliamo doveroso, dalla gestione abituale; un “autentico rivoluzionario”, come lui stesso si è definito. Eppure la partita è tutt’altro che chiusa. Quella di Crocetta è una rivoluzione senza numeri: all’Ars avrà dalla sua i 14 eletti del Partito Democratico, gli 11 dell’Unione di Centro, i 5 della lista Crocetta Presidente e sugli 8 eletti del listino, per un totale di 38, ma ricordiamo che la maggioranza a 46 è ancora lontana. Come ovviare a questo particolare poco trascurabile, è la domanda che da giorni assilla senza risposta elettori, eletti e contestatori. Il neo governatore intanto dichiara che non farà “inciuci all’Assemblea”, e che cercherà la maggioranza sui provvedimenti; in caso di fallimento chiederà il sostegno dei cittadini: tornerà al voto e vincerà “con una valanga di voti” (cit.).
Ovvio è che questa gestione scopre già il fianco a critiche e perplessità: come conciliare un progetto di innovamento radicale con il mantenimento degli equilibri interni? C’è solo da sperare che la risposta non sia un atteggiamento, ancora, di indole gattopardiana.